Come il bulbo genera analgesia

 

 

ROBERTO COLONNA

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno XX – 18 marzo 2023.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.

 

 

[Tipologia del testo: RECENSIONE]

 

Il bulbo o medulla oblongata (IANC) nell’encefalo umano costituisce la prima delle tre sezioni del tronco encefalico, che fa seguito rostrale nel canale vertebrale al midollo spinale, ma se ne distingue per una complessità maggiore, dovuta sia ai numerosi nuclei di nervi encefalici sia alle vie di cervello, cervelletto e midollo che lo attraversano nelle due direzioni. Le parti del bulbo che non hanno equivalenti nel midollo spinale sono i nuclei dei fascicoli gracile e cuneato, il lemnisco mediale, l’oliva inferiore, i nuclei olivari accessori, il corpo restiforme, le fibre arciformi e la formazione reticolata.

Nei mammiferi filogeneticamente meno evoluti, il midollo allungato ha una costituzione notevolmente più schematica, tuttavia conserva come altri segmenti del sistema nervoso centrale una sostanziale equivalenza funzionale, attestata per decenni da studi di anatomia e fisiologia comparate, che costituiscono il fondamento della possibilità di estendere all’uomo i risultati delle osservazioni sperimentali condotte su ratti e topi. Tra le funzioni studiate in questo segmento encefalico vi sono gli affetti-segnale.

Le regioni sopraspinali del sistema nervoso centrale modificano segnali nocicettivi in risposta a vari stimoli-stressor, inclusi quelli che innalzano la soglia della percezione algica. Numerosi studi hanno rilevato e confermato che il midollo allungato partecipa a questo tipo di controllo del dolore, ma finora non è stato possibile identificare con certezza i neuroni, i circuiti neuronici e i meccanismi attivi in questa regione encefalica per realizzare il controllo della reazione centrale alla nocicezione. Xinglong Gu, Mark A. Hoon, Mario Penzo e altri colleghi hanno individuato questa componente bulbare del sistema modulatorio che regola le risposte nocicettive.

(Gu X. et al., Neurons in the caudal ventrolateral medulla mediate descending pain control. Nature Neuroscience – Epub ahead of print doi: 10.1038/s41593-023-01268-w, 2023).

La provenienza degli autori è la seguente: Molecular Genetic Section, National Institute of Dental Craniofacial Research/NIH, Bethesda, MD (USA); Unit of Neurobiology of Affective Memory, National Institute of Mental Health, Bethesda, MD (USA).

L’anno scorso così Ludovica R. Poggi introduceva lo studio del dolore: “Il dolore, come si legge negli scritti del Corpus Hippocraticum risalenti al V secolo a.C., è una delle ragioni della nascita della scienza medica, l’altra essendo la necessità di trovare per l’ammalato un regime alimentare e comportamentale adatto al suo stato e in grado di favorire la guarigione ed evitare la morte.

Attualmente lo studio del dolore costituisce un campo di indagine così vasto che le branche specialistiche in cui è suddiviso tendono sempre ad aumentare, e i singoli approdi sconfinano in altre aree della ricerca neuroscientifica, come è accaduto nel caso di particolari tipi di dolore associato a sofferenza psichica, configurata in sindromi ansiose o disturbi da stress acuto o traumatico. Negli ultimi decenni una grande mole di dati ha cambiato la visione tradizionale del dolore cronico, consentendo il riconoscimento di alcuni tipi in cui la patogenesi è paragonabile a quella di una malattia neurodegenerativa[1][2].

E più avanti: “Non è semplice introdurre alla fisiopatologia del dolore chi non abbia già una conoscenza di anatomia e fisiologia di base; tuttavia, presentare alcuni aspetti semplici e impressionanti della fenomenica del dolore come ha fatto a novembre dello scorso anno Giovanni Rossi[3], può aiutare a entrare nella dimensione problematica.

Questi esempi formulati attraverso domande, tratti da un’introduzione del nostro presidente e da me proposti di recente, possono illustrare alcuni aspetti interessanti e solo in parte chiariti del rapporto tra funzioni cerebrali e dolore: “Se si stimola un cervello in toto a bassa frequenza, cosa accade? Si induce analgesia. Se una persona che avverte un dolore si spoglia nuda e si guarda allo specchio, cosa accade? Il dolore diminuisce, ossia si innalza la sua soglia. Se si stimolano con aghi rotanti ad alta frequenza le radici posteriori del midollo spinale di una persona sofferente per un dolore somatico, cosa accade? Per interferenza al varco della soglia spinale e lungo le vie ascendenti si riduce il dolore. E se invece si induce una reazione di stress in una persona che patisce di un dolore somatico, cosa accade? Il dolore è maggiore. E se la stessa persona ha paura, si spaventa o è sottoposta a un evento di grande impatto emotivo, cosa accade? Cresce la sofferenza. Se si dice a una persona che il dolore che sta patendo crescerà progressivamente se non assume subito un analgesico, cosa accade? Il dolore aumenta[4][5].

L’era contemporanea della ricerca in questo campo comincia con la definizione di dolore che ancora oggi si adotta:

“Il dolore è così definito: “Una spiacevole esperienza sensoriale ed emozionale associata a danno tessutale attuale o potenziale o descritta nei termini di tale danno”[6]. La definizione fu proposta dall’International Society for the Study of Pain (IASP) nel 1979 e confermata fino ad oggi perché “La lesione, come riferimento imprescindibile, spiega la centralità della conoscenza delle basi molecolari e della neuroanatomia del sistema che consente la percezione della sensazione algica e ispira la pratica clinica”[7].

Alla luce di questa caratterizzazione del dolore, non come affetto protopatico slegato dal danno organico ma come conseguenza diretta di un danno, si comprende maggiormente l’importanza dell’esistenza di un’analgesia naturale prodotta dallo stesso sistema nervoso centrale, e il rilievo che ha l’identificazione dei neuroni del midollo allungato responsabili della via nervosa che sopprime la percezione della sofferenza.

Xinglong Gu, Mark A. Hoon, Mario Penzo e altri colleghi hanno individuato nel topo dei neuroni catecolaminergici localizzati nella parte caudale del midollo allungato ventrolaterale, che sono attivati da stimoli dolorifici nel topo. L’attivazione di questa popolazione di cellule nervose sensibili alla nocicezione produce un’inibizione bilaterale a feed-forward che attenua le risposte nocicettive attraverso l’intervento di una via che implica l’attivazione del locus coeruleus e il rilascio di noradrenalina nel midollo spinale.

Questa via individuata dai ricercatori di Bethesda è sufficiente ad attenuare l’allodinia termica (da calore) indotta da danno ed è richiesta per l’analgesia indotta da contro-stimoli all’impatto termico doloroso.

Nell’insieme, i risultati di questo studio individuano e delineano un costituente bulbare del sistema modulatorio del dolore che regola le risposte nocicettive.

 

L’autore della nota ringrazia la dottoressa Isabella Floriani per la correzione della bozza e invita alla lettura delle recensioni di argomento connesso che appaiono nella sezione “NOTE E NOTIZIE” del sito (utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA”).

 

Roberto Colonna

BM&L-18 marzo 2023

www.brainmindlife.org

 

 

 

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[1] V. nella sezione “IN CORSO”: Ludovica R. Poggi, Dolore cronico e danno neurodegenerativo. BM&L-Italia, Firenze 2010.

[2] Note e Notizie 25-06-22 Scoperto un nuovo target della terapia del dolore.

[3] Note e Notizie 13-11-21 Scoperta una base funzionale del dolore spontaneo.

[4] Gli esempi sono tratti da Giuseppe Perrella, Introduzione allo studio delle basi neuroscientifiche del dolore. BM&L-Italia, Firenze 2005.

[5] Note e Notizie 23-10-21 Individuato il meccanismo di anedonia da dolore.

[6] Giuseppe Perrella, Il Disturbo Post-Traumatico da Stress (PTSD), p. 53, Dipartimento di Neuroscienze, Facoltà di Medicina e Chirurgia, Università Federico II, Napoli 2005; cfr. C. R. Chapman, Pain, pp. 1-6 in Encyclopedia of Cognitive Sciences, Nature Publishing Group, London 2003.

[7] Giuseppe Perrella, op cit., idem.